Furono i veneziani a scoprire per la prima volta il forte aroma del caffè, grazie a Prospero Alfino.
Fu così che a Venezia si aprì anche
il primo “bar”, o meglio, caffetteria.

Il Caffè Campetelli è il risultato di una dolce armonia nel viaggio dei sensi

IL BAR E LA SUA STORIA

Una mattina del 1570  i veneziani scoprirono per la prima volta l’aroma forte del caffè. Era stato un medico-botanico, Prospero Alfino, che aveva soggiornato a lungo in Egitto e lì aveva scoperto la bevanda “ di colore nero e di sapore simile alla cicoria”, che pensò di portarla in città perché  ai suoi concittadini sarebbe piaciuta. E non si sbagliava. Fu così che a Venezia si aprì  il primo “bar”, o meglio la prima caffetteria.
La primissima però in ordine di tempo, era stata aperta nel 1554 a Costantinopoli. In Europa fu inaugurato un caffè a Marsiglia nel 1659 e uno ad Amburgo nel 1679. A Venezia invece la iata fu inizialmente conosciuta come medicinale, ma presto fu utilizzata per preparare la piacevole bevanda: nel 1683 in piazza San Marco, sotto le Arcate della Procuratie, fu aperta la prima “bottega del caffè”.

bottega di caffè

Nella foto una bottega di Caffè in Germania nel secolo XVII.
La nuova usanza dilagò ben presto in tutta l’Italia: a Torino, Genova, Milano, Firenze e Roma sorsero caffè poi divenuti celebri e importanti centri culturali, punto d’incontro di scrittori, politici e studiosi d’ogni tempo. Anche i francesi mostrarono di gradire molto la nuova bevanda: si dice che il celebre scrittore Balzac arrivasse a berne cinquanta tazzine al giorno. In Inghilterra il primo locale per la mescita del caffè fu aperto a Oxford. Al suo primo apparire in Italia il caffè trovò non pochi osteggiatori. La Chiesa combattè soprattutto l’uso di andare al bar, “luogo di perdizione”. E si tentò di proibirlo. Ma l’allora pontefice Clemente VII volle provare la “Bevanda del diavolo”, prima di condannarla. Ne rimase sedotto, così da impartire immediatamente una benedizione, battezzandola “bevanda cristiana”.
Nacque il caffè “made in Italy”: l’espresso all’italiana, inventato in Italia da Luigi Bazzera ai primi del Novecento e che oggi viene servito in più di 200.000 bar in tutta la penisola ed in milioni di locali in tutto il mondo. Questo concentrato, che distilla il meglio dell’anima odorosa del chicco di caffè, si ottiene facendo filtrare sotto pressione l’acqua a circa 90°C attraverso uno strato di caffè macinato fine, per un periodo che solitamente non supera i 20 secondi.

Nella foto il famoso espresso italiano.
Una delle caratteristiche dell’espresso in tazza è la crema, la cui struttura e densità dipendono in gran parte dalla macinatura, dall’alta concentrazione di sostanze volatili e dall’intenso e persistente retrogusto.  I produttori di macchinari continuano a perfezionare questo sistema per soddisfare una schiera di clienti sparsi oramai in tutti i continenti, mentre il grande numero di torrefattori, che serve il maggiore mercato di espresso al mondo, conservano una fucina di conoscenze, sperimentazioni e segreti. In Italia s’importano quasi tutte le qualità prodotte ai quattro angoli dei tropici e si vendono migliaia di miscele. I maestri torrefattori trovano ispirazione nella ricca tradizione enologica e culinaria italiana e, avversi alla standardizzazione industriale, valorizzano le ricchezze e le diversità regionali, altamente radicate nella realtà italiana. Ristretto o lungo, macchiato o cappuccino, l’espresso rappresenta un piccolo ma caldo contributo italiano alla “dolce vita” nel mondo.